Mps, il piano industriale dall’aumento di capitale agli npl

L’obiettivo è il rilancio della banca con più impieghi a retail e piccole e medie imprese e costi più sostenibili. Ma per raggiungerlo sono tanti ancora i passi che Monte dei Paschi di Siena dovrà fare. Passi che ieri 25 ottobre sono stati definiti dal ceo Marco Morelli (nella foto), con gli advisor Jp Morgan e Mediobanca, con la presentazione del piano industriale.

Le problematiche da risolvere sono note – capitalizzazione da rinforzare (per 5 miliardi) e sofferenze (27,6 miliardi lordi) – e da queste si partirà per ricostruire la nuova banca. 

Il primo step indicato da Morelli è dunque la selezione di un investitore di peso, sia esso un fondo sovrano (come quello del Qatar) o anche una banca. Già ieri il ceo ha iniziato da subito il road show per presentare il progetto con il primo appuntamento a Milano, con una trentina di gestori di fondi italiani, che hanno voluto approfondire i termini dell’operazione. Da oggi inizia il road show all’estero, prima a Londra, poi negli Stati Uniti. 

Contestualmente ci sarà un sondaggio sul mercato per capire quanta parte dei detentori di bond subordinati (istituzionali ma anche retail, per un “bacino” potenziale di 5,5 miliardi di euro) possono essere interessati alla conversione in capitale, che sarà solo su base volontaria. 

E già secondo le prime indiscrezioni ci sarebbero investitori interessati a questo punto. Fra questi il fondo di investimento con base a Londra Attestor Capital, che in estate ha investito circa un miliardo nei bond subordnati di Mps e secondo quanto scrive La Repubblica avrebbe deciso che a novembre li convertirà in azioni. Il quotidiano, che cita fonti vicine ad Attestor, scrive che, nell’ambito del piano di rafforzamento patrimoniale fino a 5 miliardi, il fondo intende supportare nel lungo termine la banca diventando da dicembre un socio a due cifre percentuali.

Alla fine di questo percorso ci sarà poi la definizione dell’ammontare di capitale, che scatterà comunque a valle del referendum costituzionale, nei primi sette-otto giorni di dicembre, così da chiudersi entro l’anno.

Ricapitalizzazione

L’aumento di capitale sarà come noto per 5 miliardi e sarà articolato su tre possibili direttive, per cui il cda avrà flessibilità: una parte al servizio di una potenziale offerta volontaria sul debito subordinato da fare prima dell’aumento, una componente riservata ad anchor investor, una parte riservata agli attuali azionisti. Non ci sarà però diritto di opzione trattabile in Borsa, ma solo una prelazione per gli attuali soci.

Il prezzo sarà determinato con bookbuilding, come in una Ipo.

Se l’operazione di aumento di capitale dovesse fallire, ha precisato il ceo, non ci saranno commissioni per le banche del consorzio di garanzia. Le “fee” – che sono «più basse di quelle pagate nel 2014 o 2015» – sono legate al successo dell’operazione e queste banche «non prenderanno un euro se l’operazione non andrà in porto». 

L’aumento è assistito da un pre-underwriting agreement con primarie istituzioni finanziarie, valido fino al 31 dicembre di quest’anno, e sarà contestuale al deconsolidamento delle sofferenze, i 27,6 miliardi annunciati cui si aggiungono 0,9 miliardi di crediti da leasing e altri 0,4 miliardi. Nel dettaglio, la parte junior del veicolo verrà conferita agli attuali soci Mps, quella mezzanine ad Atlante (ma non ci saranno warrant a favore del fondo come invece previsto a luglio) mentre è in corso di definizione l’impegno dei soggetti finanziatori sulla tranche senior nella fase bridge. La nuova banca avrà un rapporto crediti deteriorati lordi su totale crediti del 18,6% dal 35,5% attuale, Texas ratio a 134% da 268%. 

I conti al 2019

Senza crediti malati, la banca punta a un re-rating da parte del mercato, con miglioramento un Cet 1 ratio che dovrebbe passare dall’attuale 11% circa al 13,5% a fine piano.

Il pedale sarà schiacciato sugli impieghi, che saliranno da 97,6 miliardi a 100 mentre nel frattempo l’istituto senese punta a fare reddito. Morelli punta sulla base clienti della banca (4,7 milioni) e sul rilancio del segmento retail e small business, mentre le operazioni della clientela mass verranno trasferite sui canali online.

Prevista una crescita degli asset under management a 68 miliardi nel 2019 da 57 miliardi nel 2016. La gestione del rischio di credito sarà caratterizzata da una forte spinta all’automazione e all’utilizzo di strumenti analitici avanzati, sistemi di early detection, gestione proattiva e processi di recupero crediti ottimizzati, con un costo del rischio di circa 55 punti base e un Gross NPE Ratio pari al 16,2% nel 2019. A fine piano l’utile netto è visto a 1,1 miliardi, rispetto a una perdita di 4,8 miliardi nel 2016, con Rote oltre 11%.

Il cost income al 2019 sarà pari al 55% con la previsione di 2.600 tagli all’organico (circa 10%) e la chiusura di 500 filiali. Il cet1 phased-in sarà a 13,5% e il liquidity coverage ratio supererà il 140%. Fra le novità emerse oggi, l’offerta da parte di Icbpi di acquisto delle attività di merchant acquiring per 520 milioni di euro.

Ora l’appuntamento è l’assemblea sull’operazione, convocata per il 24 novembre e nell’ordine del giorno è prevista anche la nomina del presidente e l’accorpamento delle azioni in ragione di 100 titoli esistenti per uno nuovo. 

Noemi

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