Il livello delle sofferenze torna ai livelli pre-crisi

La trasformazione di crediti bancari alle imprese a sofferenze torna a regime pre-crisi, sia in termini di numero di prestiti sia in termini di valore.

A rilevarlo è il report di Abi e Cerved, che evidenzia che la diminuzione delle sofferenze è destinata a continuare, considerando che le previsioni di recupero dell’economia italiana vengano confermate (+1,1% il pil quest’anno e +1,5% nel 2017).

Nel dettaglio, i dati della Banca d’Italia ripresi dal report indicano che, per la prima volta dal 2011, lo scorso anno il numero di prestiti erogati a società non finanziarie entrati in sofferenza è passato da circa 29 mila a circa 27 mila (-5,3%). Il calo è anche più marcato, pari al 7,7%, se misurato in termini di importi dei prestiti, diminuiti da 32 miliardi del 2014 a meno di 30 miliardi del 2015.

Di conseguenza, a scendere è stato anche il tasso di ingresso in sofferenza, il rapporto tra nuove sofferenze e il volume di prestiti erogati dalle banche: in numeri, è passato dal 3,8% al 3,7%; calcolato sugli importi il tasso rimane più alto, al 4,2%, ma, secondo il report, più lontano dai picchi negativi che in questo caso erano stati toccati alla fine del 2013.

Le previsioni elaborate indicano che, sulla base della graduale ripresa del quadro macroeconomico, i processi in atto prenderanno vigore: il tasso di ingresso in sofferenza è atteso in calo dal 3,7% del 2015 al 3% del 2016, per diminuire ulteriormente al 2,4% di fine 2017.  Si tratta di un livello ancora superiore a quello del 2008 (1,7%).

In generale, i dati italiani sono ancora lontani dalla media europea, basti pensare che crediti deteriorati netti (al netto cioè degli accontonamenti) pesano mediamente per l’11,3% sul totale delle banche quotate a Piazza Affari e mentre per i big europei la percentuale è del 3,3, il che dimostra come la strada verso la ripresa vera e verso una soluzione definitiva degli npl sia ancora molto lunga.  

Tornando alle stime, il miglioramento ha riguardato in modo omogeneo tutte le fasce dimensionali di impresa, anche se la frequenza delle sofferenze è più che doppia rispetto ai livelli pre-crisi. Le cose cambiano se si restringe il punto di vista alle sole aziende industriali. Nell’industria le nuove sofferenze hanno toccato un picco negativo nel 2013, al 3,5%. Nel 2014 è iniziato un miglioramento (3,4%), che si è rafforzato nel 2015 (3,1%).

Hanno beneficiato di questo miglioramento soprattutto le grandi imprese, per cui si stima un tasso dell’1,4% (dall’1,7% del 2014), inferiore rispetto a quello del 2009. Per il primo anno dall’inizio della crisi il tasso di ingresso in sofferenza si riduce nelle costruzioni, passando dal 5,9% del 2014 al 5,8% del 2015. Invece nei servizi i tassi di ingresso in sofferenza si confermano sui valori massimi del 2014, al 3,5%.

Infine, l’area più rischiosa, il Mezzogiorno, è quella in cui le sofferenze sono diminuite di più, passando dal 5,6% al 5,2%. Quanto al futuro, il tasso di ingresso in sofferenza per le società non finanziarie dovrebbe ridursi dal 3,7% di fine 2015 al 3% nel 2016, per poi calare al 2,4% nel 2017: è il valore minimo dal 2009, ma ancora di 0,7 punti più elevato dal livello pre-crisi.

Il miglioramento riguarderà tutte le fasce dimensionali, con cali più accentuati per le piccole imprese, che hanno sofferto maggiormente la crisi. Nell’industria le sofferenze sono attese nel 2017 a livelli molto vicini a quelli pre-crisi: il tasso è previsto all’1,9% al termine dell’esercizio di previsione, in calo dal 3,1% del 2015 e solo un decimale in più da livello del 2008. Si prevede infine un deciso miglioramento nelle costruzioni, dal 5,8% del 2015 al 3,9% del 2017; al contrario dell’industria e nonostante questo forte calo, i livelli pre-crisi rimarranno lontani.

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